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Lucio Anneo SENECA

Natura degli Arconti

Natura degli Arconti

 

NATURA DEGLI ARCONTI

a cura di Luigi Moraldi

Gli arconti esistono veramente oppure sono una pura fantasia, una creazione mitologica o  poetica?

Il nostro  scritto  intende  dare  una risposta a questa domanda e da essa trarre una conseguenza sia per il mondo di quaggiù sia soprattutto  per la sorte dell’umanità.

Scritto breve,  sobrio,  ma  pregnante,  a  volte  anche  troppo  sintetico  e sommario che presuppone nel lettore una visione giudaico-ellenistica e cristiano-gnostica;

quindi, per noi, piuttosto complicata proprio dalla sua apparente chiarezza.

 

È buon metodo critico non volere spiegare uno scritto con un altro:

nel vasto ambito dello gnosticismo, ogni scritto ha del proprio che difficilmente emerge se si legge con lo sguardo a un altro.

Come si è visto (vedi Introduzione all’ApGv) nel II codice di Nag Hammadi, il presente scritto è preceduto dall’Apocrifo  di Giovanni, dall Vangelo di Tomaso, dal Vangelo di Filippo, ed è seguito dallo scritto sull Origine del mondo (o «Scritto senza titolo»), dall’Esegesi sull’anima, dal Libro dell’Atleta  Tomaso, in fine dal colofón dell’amanuense

La prima edizione del testo risale al 1956 ed è dovuta all’allora direttore del Museo copto del Cairo, Pahor Labib;

è una fotocopia che nonostante alcuni difetti inerenti alle circostanze ebbe il grande merito di fare conoscere all’Europa questo scritto.

Su di questa edizione si basarono tutte  le versioni fino al 1971;

qualche studioso aveva a sua disposizione anche altre foto.

Anche se nella sua versione (del 1958) H.-M. Schenke aveva dimostrato la sua abituale critica sul testo copto di P. Labib, le prime edizioni scientifiche indipendenti (testo copto, versione, discussioni testuali, esami letterari, ecc.) sono merito di P. Nagel (1970) e R. A. Bullard (1970):

ognuna di queste  due  edizioni  ha  le  caratteristiche  di  una  editto  princeps, mancano però (per motivi indipendenti dagli studiosi) del confronto diretto con l’originale:

l’operazione fu possibile soltanto dal 1971 in poi.

Dopo diversi studi particolari, frutto dell’esame diretto (autoptico) del testo nel Museo copto del Cairo, Bentley Layton potè dare agli studiosi Yeditio princeps nel 1974.

Nello stesso anno uscì il volume The Facsimile Edition of the Nag Hammadi Codices…,  Codex II, ove è appunto contenuto il nostro scritto nelle sufficientemente nitide pagine 86-97, ormai a disposizione di tutti gli studiosi;

il testo è purtroppo mutilato sinistra-destra da circa metà pagina alla fine (meno lese le ultime cinque pagine).

Il testo e la lingua sono stati oggetto di accurati esami di M. Krause (nell’introduzione all’opera del Bullard e nella rivista «Enchoria», di P. Nagel (nel V voi. dell’opera Die Araber…, vedi Bibliografia, oltre che nell’edizione del testo) e, inoltre, di diversi articoli di Kasser, Layton, e altri.

Che il testo originale fosse greco è sentenza comune  traccie dello scritto si trovano sia in Ireneo

sia in Epifanio, ma ambedue non sono assolutamente  sicure;

è  probabile, invece, che  avessero uno scritto greco genericamente simile al nostro.

Motivo questo, assieme ad altri, per prestare attenzione alla composizione dello scritto giunto a noi.

Il Bullard ritiene che l’autore abbia compilato lo scritto sulla base di «due o tre fonti» e vi abbia aggiunto estensioni editoriali gnostiche- cristiane;

la   prima   fonte   sarebbe   narrativa,   interessata   nella cosmologia, nell’interpretazione  gnostica  dei  primi  capitoli  della Gènesi , e in essa non vi sarebbe alcun influsso cristiano.

La seconda fonte sarebbe uno scritto apocalittico, sotto forma di domande e risposte, interessato all’escatologia e alla soteriologia.

L’inizio e le conclusioni sono certamente  di un  gnostico cristiano, con simpatie verso l’epistola  di Paolo agli Efesini e verso gli scritti dell’apostolo Giovanni.

Il Kasser fa notare che il redattore si distanzia dalle persone di cui parla servendosi della terza persona singolare, mentre alla fine l’interlocutore al quale si rivolge Eleleth si identifica col redattore  e ricorre quindi la prima persona singolare.

Scendendo più al particolare (sempre con molta prudenza) ritiene che lo scritto sia composto di due blocchi «relativamente compatti» provenienti da fonti differenti, preceduti, uniti, seguiti e ordinati da elementi testuali del redattore al quale risale il nostro scritto.

Il primo blocco, che il Kasser designa come «fonte E» (da Eleleth) è a sua volta composito:

inizialmente era narrativo e fu poi trasformato in dialogo con alcune aggiunte

Il secondo blocco, «fonte G» (da Genesi) e anch’esso è composito, avendoci messo mano più persone.

In fine il redattore finale diede all’insieme la forma attuale.

Nonostante  la  riconosciuta autorità  del Kasser nell’ambito  della lingua copta, ritengo che la sua costruzione non poggi su basi concrete;

come ognuno sa, argomenti del genere sono labilissimi;

hanno l’effetto —  e  non  è  poco —  di fare  leggere e  rileggere più volte il testo, dissezionarlo e ricomporlo e quindi obbligano ad approfondirne la composizione.

Ma alla fine ci si accorge che, nonostante tutto, il testo è unitario.

Non v’è dubbio che l’autore disponeva di fonti che più di una volta abbrevia o addirittura salta dei tratti, che possiamo soltanto immaginare, come non v’è dubbio che spesso egli commenta a scopo prevalentemente didattico, parenetico.

La differenza del pronome personale tra la prima e la seconda parte dice ben poco:

è un luogo comune tanto  nella letteratura  giudaica, compresi   certi   testi   di   Qumràn   paralleli   a   testi   dell’Antico Testamento, quanto nella letteratura apocrifa cristiana;

si tratta di un artificio letterario.

Il fatto  che nella prima parte  non vi sia, in apparenza, nulla  di specificamente  cristiano  ha   le  sue  buone  giustificazioni:

è  una preistoria dell’umanità, e l’autore (o le fonti alle quali attinge) lavora con materiali delle tradizioni ebraiche, diffusissime, dalle quali dipende chiaramente;

ma i suoi destinatari sono cristiani, l’ispirazione l’ha da testi paolini e da testi giovannei

Lo scritto è un vaticinio ex eventu dell’apocalittica  cristiana, una interpretazione gnostica della Genesi estesa dal c. 1 al c. 6 per giungere all’inizio del «vero popolo eletto» rappresentato dalla stirpe di Norea (B. Layton).

Tra le due parti non v’è  alcuna contraddizione:

l’autore  gnostico assume direttamente la voce della rivelatrice Eleleth.

Il processo di elaborata composizione così comune in altri scritti gnostici   di   Nag   Hammadi   non   vale   per   il   presente   scritto (diversamente da quanto si vedrà nell’OrM).

Perciò il Krause  è   estremamente   prudente    sulla composizione da varie fonti, e il Layton la nega (almeno nel senso proposto ad  es. dal  Bullard e  dal  Kasser).

Il Doresse osserva che «logicamente» la  prima  parte  dovrebbe essere la  seconda;

ma  un attento studio del testo così come giustifica ampiamente lo stato in cui si trova  lo scritto;

anche  se questa  disposizione indusse l’autore  a qualche ripetizione, la seconda parte è nel posto che le spetta.

Dopo l’inizio con una frase di san Paolo l’autore scrive di volere rispondere all’interrogazione di una persona a proposito degli arconti:

sono una realtà?

quale la loro origine e i loro poteri?

qual è la sorte dell’uomo posto sotto il controllo di questi esseri?

Anche il grande Apostolo era conscio del loro potere.

La prima parte non procede in modo analitico;

spesso introduce esseri senza dire nulla della loro origine.

Così inizia con  un  breve  prologo, presentando  sommariamente  il  capo  degli arconti,  cieco, ignorante,  pieno  d’orgoglio,  che  pronuncia  la  sua bestemmia alla quale risponde l’Immortalità (o l’Incorruzione) — che procede dal Padre di tutto -;

precipita negli spazi inferiori, nel caos e nell’abisso, che sono la sua vera madre, e quivi Pistis Sofia sistema i di lui figli, cioè gli altri arconti, da lui creati, secondo il modello del mondo superiore o celeste

L’autore, o epitomatore, in queste righe è così sommario da apparire inintelligibile.

Si spiegherà nella seconda parte:

qui il suo interesse è introdurre subito l’apparizione dell’uomo sulla terra e il suo destino.

Una frase solo in apparenza enigmatica («Poiché è partendo dalle cose nascoste…»  ) indica il filo conduttore  dello scritto:

è partendo dall’alto che si spiega ciò che constatiamo quaggiù, anche perché nulla accade senza il volere del Padre di tutto

Il grande arconte, Samael, originato dalla mancanza di Pistis Sofia, è detentore di particelle di luce divina, trasmessegli da Sofia, che a sua volta ne trasmette ai suoi figli (arconti, angeli, ecc.) e questi ad altri in una ininterrotta catena, ma in modo decrescente:

in tutti questi esseri c’è dunque qualcosa di divino.

Alla bestemmia dell’arconte, l’Immortalità (essere divino che procede dal Padre) proietta un suo riflesso sulle acque primordiali:

gli arconti la vorrebbero afferrare, ma la loro deficienza è troppo grande, sono  psichici ;

si  struggono  dal  desiderio.

Nella  loro ignoranza, pensano di avere trovato il modo di catturare quell’immagine per raggiungere la perfezione:

decidono di creare un uomo dalla terra, conforme al loro corpo e all’immagine apparsa loro riflessa nell’acqua;

nella loro ignoranza e nel loro processo magico pensano che vedendo la sua immagine (= Adamo) l’Immortalità scenderà in essa, e  loro potranno  appropriarsene:

Adamo è  anche immagine loro e su di lui «soffiarono» la parte migliore di se stessi (impoverendosi sempre più).

Di qui ha inizio la grande lotta tra la luce e le tenebre.

Nonostante l’anima  insufflatagli dagli arconti l’uomo giace per terra, non può reggersi;

interviene lo spirito dall’alto, e Adamo diventa anima vivente, eretto verso l’alto, e quindi staccato dai suoi «creatori».

Gli arconti gli presentano tutti i loro animali, e Adamo dà il nome  a  tutti;

allora  lo  mettono  nel  paradiso  con l’ordine  di  non mangiare dell’albero della conoscenza:

l’uomo è, per gli arconti, un enigma;

gli infondono l’oblio e, mentre dorme, estraggono da lui la donna (nella speranza di mantenerlo sempre più legato al loro potere);

ma si sbagliano:

Adamo destatosi, riconosce subito in lei la datrice di vita;

lo spirito era infatti passato da Adamo alla donna, che diventa pneumatica (spirituale).

Gli arconti perplessi davanti alla donna, la vogliono per sé;

ma lei li inganna:

lascia loro  la  sua  «ombra» (la  donna  carnale);

volevano possedere ciò che di «anormale» constatavano nella donna (cioè lo spirito), e invece restano ingannati e condannano se stessi .

Lasciata la donna, lo spirito entrò nel serpente e indirizzò l’uomo e la donna  a mangiare  dell’albero  della conoscenza, poi si ritirò  dal serpente;

cibatisi dell’albero, si accorgono di essere pneumaticamente nudi;

ma il grande arconte (che è il dio dell’Antico Testamento) dimostra ancora la sua stupidità:

non capisce che cosa è avvenuto ed è l’uomo che glielo racconta .

L’arconte maledice la donna e il serpente, maledizione che durerà fino all’arrivo  dell’uomo  perfetto;

l’uomo  e  la  donna, colpiti dalla stessa maledizione sono scacciati dal paradiso affinché la loro esistenza venga sommersa da dolori, da preoccupazioni materiali, dai piaceri della vita, e la loro mente non si rivolga allo spirito .

Omettendo qualcosa, l’autore passa alla nascita di Caino e di Abele;

a  quanto  pare, almeno Caino è  figlio della donna  carnale  e  degli arconti, ed è molto importante notare l’originalità di questa presentazione che addita  in Caino (prodotto della donna  carnale e degli  arconti)  la  fonte  dell’odio  e  della  morte;

ha  lo  scopo  di prolungare — con paura, sospiri, travagli — l’effetto  della maledizione dell’arconte.

Ma quando  Adamo riconosce nella donna  la  sua  co- immagine interviene Dio e nascono Seth e Norea:

antenati  di una nuova generazione, della generazione degli eletti, dei pneumatici, e l’umanità non solo aumenta, ma migliora .

Ma gli arconti non possono vedere bene questo miglioramento che sottrae  loro  una  parte  del potere  che  hanno  sugli uomini:

perciò decretano il diluvio.

Il buon Sabaoth, figlio dell’arconte, non è d’accordo e avverte segretamente Noè, sbagliando così la scelta:

non da Noè (ignorante), ma da Norea viene la salvezza, la generazione eletta;

perciò, al rifiuto di Noè, Norea incendia l’arca e Noè dovette rifarne un’altra.

Gli arconti allora cercano di possedere Norea (come avevano fatto con sua madre…);

ma Norea non è figlia dell’Eva carnale, non ha un «doppio di sé» da lasciare agli arconti, è tutta pneumatica, e chiede aiuto all’Essere supremo .

Inizia qui la seconda parte , che si articola in una serie (quattro) di domande e di risposte.

1.

Alla sua richiesta di aiuto discende dal cielo il grande angelo, che alla domanda di Norea si presenta:

«Io sono Eleleth, la salvezza… colei che sta davanti allo spirito santo… uno dei quattro luminari…»;

l’assicura che gli arconti non potranno fare nulla contro di lei o contro la sua generazione, poiché la loro dimora è nell’immortalità.

2.

La seconda domanda è la più complessa:

qual è la forza delle potenze, donde provengono, qual è la loro natura e la loro materia, chi le ha fatte.

Le risposte iniziano con una cosmogonia che completa, parzialmente, quanto  è  detto  nella prima  parte.

Sofia, detta  anche Pistis, appartiene al mondo della luce e volle compiere un’opera senza il suo compagno:

ne venne un simulacro (una specie di aborto);

si formò allora un sipario tra il mondo superiore, celeste, e il mondo inferiore;

il quale  è  la  materia  senza fine  che  ebbe la  sua  forma dall’ombra del sipario:

una bestia arrogante, bisessuata, dall’aspetto di leone;

si credette Dio e proferì la sua bestemmia

ma Sofia puntò il dito, fece penetrare in lui la luce, lo inseguì fino al caos, e se ne ritornò alla propria luce .

L’arconte fa per sé un grande eòne e sette figli (dei quali è nominato solo Sabaoth), e  in  mezzo a  tanta  grandezza proclama la  propria divinità;

ma Zoe, figlia di Pistis Sofia, lo contraddice, soffia sul suo viso il fuoco e lo precipita nel Tartaro

Il figlio del grande arconte, Sabaoth, si ribella alla bestemmia del padre, e loda Sofia e Zoe:

riceve come ricompensa il settimo cielo (al di sotto del sipario), al di sopra delle forze del caos, in una posizione mediana tra cielo e la terra;

qui siede tra l’angelo dell’ira (a sinistra) e Zoe (alla destra):

è il Dio dell’Antico  Testamento dalla personalità ambivalente tra il bene e il male

Il grande  arconte  ebbe invidia dell’esaltazione  del figlio, e  creò l’invidia la quale — a sua volta — creò la morte, genitrice di molti figli (di morte) che essa installò in tutti i cieli inferiori.

Ciononostante il Padre non fu preso in contropiede:

tutto  si realizzò secondo il suo volere

 

3.

La terza domanda di Norea ha una risposta più breve:

lei e la sua stirpe non appartengono alla materia degli arconti, ma derivano dal Padre, le loro anime vengono dalla luce immortale;

i gnostici sono immortali;

la loro stirpe si manifesterà apertamente non subito, ma dopo tre generazioni (96, 17-31).

 

4.

In fine, quando si manifesterà l’uomo vero, allora lo spirito di verità darà la conoscenza di ogni cosa

Un breve inno escatologico  a   quattro   strofe   («Allora…   Allora…   Allora… Allora…) preannunzia la unzione dei gnostici, la liberazione dalla cecità e la vittoria sulla morte, la distruzione degli arconti, delle loro potenze e di tutto il mondo della materia;

in fine — per i gnostici — la piena conoscenza della  verità  e  della  loro  radice;

il  trisàghion  sarà  la conferma del ritorno di tutta la luce al suo principio.

Anticipando una osservazione che vale anche per il trattato strettamente imparentato al presente, è da osservare che arconti  potenze  e forze costituiscono un universo all’interno del quale vi è la reciproca convertibilità.

Gli arconti sono dunque una dura realtà, ma il loro dominio quaggiù è temporaneo, non si estende a tutti;

l’ultima parola non sarà degli arconti, e la loro fine è certa.

 

INTRODUZIONE

A proposito della natura delle potenze:

(ispirato) dallo spirito del Padre della verità, a proposito delle «potenze delle tenebre», il grande apostolo ci disse:

«La nostra lotta non è contro il sangue la carne e, ma contro le potenze del mondo e contro gli spiriti del male».

Dal momento che interroghi a proposito delle potenze, ti ho mandato questo.

Il loro capo è cieco;

a motivo della sua forza, della sua ignoranza e del suo orgoglio, disse — nella sua incoscienza sono Dio, non ne esiste altri all’infuori di me -.

Quando disse questo, peccò contro il tutto ;

e questo parlare salì alla Immortalità.

Ed ecco, dalla Immortalità venne una voce;

disse:

«Tu sbagli, Samael!», cioè «dio dei ciechi».

I suoi pensieri divennero ciechi.

Egli emise la sua forza, cioè la bestemmia che aveva pronunciato.

Egli lo perseguì giù nel caos e nell’abisso, sua madre, sotto la spinta della Pistis Sofia, la quale installò i di lui figli, uno per uno, secondo la sua forza, secondo il tipo  dell’eòne superiore.

Poiché è (partendo) dalle cose nascoste che furono scoperte le cose manifeste.

 

L’UMANITA’  PRIMITIVA:

 Il riflesso dell’Immortalità

L’Immortalità  guardò giù sulle regioni delle acque

Sulle acque apparve la sua immagine, e le potenze delle tenebre se ne innamorarono.

Ma non potevano raggiungere quell’immagine apparsa loro sulle acque, a motivo della loro debolezza;

gli psichici, infatti, non possono raggiungere il pneumatico:

poiché essi sono dal basso, mentre egli è dall’alto.

È  per  questo  che  l’Immortalità  guardò  giù  sulle  regioni  (delle acque), al fine di congiungere il tutto alla luce, secondo il volere del Padre.

 

Gli arconti creano l’uomo

Gli arconti tennero consiglio;

dissero:

«Venite, facciamo un uomo con la polvere della terra».

 Plasmarono il suo corpo cosicché fu totalmente terreno.

Ora gli arconti hanno un corpo che è femmina ma anche maschio, e il loro aspetto e di bestie.

Presero della polvere dalla terra, e plasmarono il loro uomo secondo il loro corpo e secondo l’immagine  del dio che era apparso loro sulle acque.

Dissero:

— Su, mettiamola nella nostra creatura, di modo che egli veda la sua co-immagine (maschile) venga da essa, e noi possiamo trattenerla  nella nostra creatura -.

Nella loro debolezza, non comprendevano la forza di Dio.

Egli soffiò sul suo viso , e l’uomo divenne psichico (e rimase) a terra per molti giorni.

Ma essi, a motivo della loro impotenza, non poterono farlo stare diritto.

Come turbini di vento, si ostinarono (a soffiare) per afferrare quell’immagine che era apparsa loro sulle acque.

Non sapevano  quale era la sua potenza.

Tutto questo avvenne in conformità al volere del Padre del Tutto.

Lo spirito su Adamo, nomi agli animali, nel paradiso

Dopo di ciò, lo spirito vide l’uomo psichico sulla terra;

lo spirito uscì dalla terra adamantina;

venne giù, e dimorò in lui:

quell’uomo divenne anima vivente

Lo chiamò «Adamo», poiché si muoveva sulla terra.

Dalla Immortalità venne una voce in aiuto di Adamo.

Gli arconti radunarono tutti gli animali della terra, e tutti gli uccelli del cielo;

li condussero da Adamo, per vedere come Adamo li avrebbe chiamati, affinché egli potesse dare il nome, a ogni uccello e a tutti gli animali

Presero Adamo, lo posero nel paradiso affinché lo lavorasse e lo custodisse.

Gli arconti gli diedero un ordine, dicendo:

«Mangerai di ogni albero che è nel paradiso, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non mangiarne, non toccarlo;

nel giorno, infatti, in cui voi ne mangerete, certamente voi di morte morirete»

Dissero a lui questo, ignorando che cosa voleva dire.

Tuttavia dissero questo in conformità del volere del Padre affinché Adamo ne mangiasse e considerasse tutti loro completamente ilici.

 

Gli arconti creano la donna

Gli arconti si consigliarono l’un l’altro;

dissero:

— Andiamo, apportiamo il sonno in Adamo !

—  Ed egli si addormentò.

Ora il sonno è l’ignoranza che essi fecero venire su di lui, ed egli si addormentò.

Essi aprirono il suo lato

formarono il suo lato come una donna viva e al suo posto (misero) della carne:

e Adamo diventò completamente psichico.

Andò da lui la donna pneumatica, parlò con lui e gli disse:

«Adamo, alzati!».

Allorché la vide, egli disse:

— Tu sei colei che mi ha dato la vita!

Sarai chiamata “la madre dei viventi” – , poiché lei è mia madre, lei è la medichessa, la donna, colei che ho generato.

 

Gli arconti e le «due» donne

Ma le potenze andarono dal loro Adamo;

e quando videro la sua co- immagine parlare con lui, provarono un grande turbamento, e si innamorarono di lei.

Si dissero a vicenda:

—  Venite!

Mettiamo in lei il nostro seme -.

L’inseguirono, ma lei le derideva a motivo della loro follia e della loro cecità;

ma essa, sotto le loro grinfie, si trasformò in un albero, e lasciò tra  le  loro  grinfie la  sua  ombra, che  le  assomiglia;

esse la contaminarono grandemente.

Contaminarono pure il sigillo della sua voce, condannando  così se  stésse nella  loro  creatura  e  la  sua immagine.

 

Il serpente e la caduta

Mentre la (donna) pneumatica andò nel serpente, l’istruttore;

egli la ammaestrò dicendo:

— Che cos’è che vi ha detto:

“Mangerai di ogni albero che è nel paradiso, ma dell’albero della conoscenza del male e del bene non ne mangerai?”.

 

La donna carnale rispose:

«Non solo egli disse “non mangiatene”, ma anche “non toccatelo”;

nel giorno, infatti, in cui voi ne mangerete, certamente voi di morte morirete”.

 

Ma il serpente, l’istruttore, disse:

«Certamente voi di morte  non morirete.

Egli, infatti, vi ha detto ciò perché è invidioso.

I vostri occhi, invece, si apriranno e voi diventerete come dèi, conoscitori del male e del bene -.

L’istruttrice  fu allontanata dal serpente:

se lo lasciò dietro come un semplice essere terreno

 

La donna carnale prese dall’albero, mangiò, e ne diede a suo marito:

gli psichici mangiarono;

e il loro male si manifestò nella loro mancanza di conoscenza;

e si accorsero di essere pneumaticamente nudi:

presero delle foglie di fico e se le cinsero ai lombi

 

Allora venne il grande arconte, e disse:

— Adamo, dove sei tu? -.

Ignorava, infatti, quanto era accaduto.

Adamo rispose:

— Ho udito la tua voce;

ebbi paura perché ero nudo, e mi nascosi.

 

L’arconte  disse:

—  Perché ti sei nascosto, se non per il motivo che hai mangiato dell’albero a proposito del quale ti ordinai:

“di quello soltanto non ne mangiare” e tu ne hai mangiato!

 

Adamo rispose:

— La donna che tu mi hai dato, me ne ha dato, e io ho mangiato -.

L’arrogante arconte maledisse la donna.

 

La donna disse:

— Il serpente mi ha ingannata;

e io ho mangiato -.

Si volsero al serpente;

essi maledissero la sua ombra;

il che è un’azione inefficace:

ignoravano che esso è una loro creatura.

Da quel giorno il serpente passò sotto la maledizione delle due potenze, fino a quando arriverà l’uomo perfetto.

Quella maledizione colpì il serpente.

Si volsero  al  loro  Adamo:

lo  presero,  lo  cacciarono  fuori  dal paradiso con sua moglie, poiché per essi non v’è alcuna benedizione, essendo essi pure sotto la maledizione.

Essi gettarono gli uomini nei grandi turbamenti e sofferenze dell’esistenza , affinché i loro uomini (non) fossero  preoccupati in altro che negli (affari) della vita, e non avessero il tempo di dedicarsi allo spirito santo.

 

Caino, Abele, Seth

Dopo queste cose, lei generò Caino, il loro figlio:

Caino coltivava il suolo

Conobbe nuovamente sua moglie;

lei rimase nuovamente incinta:

generò Abele

Abele era un  mandriano, un  pastore di pecore.

Caino portò i frutti del suo campo.

Abele, invece, portò un sacrificio dai suoi agnelli.

Dio guardò alle offerte di Abele, ma non gradì le offerte di Caino.

Il carnale Caino perseguitò suo fratello Abele

Dio disse a Caino;

— Dov’è   Abele, tuo  fratello? -.

Egli rispose, dicendo:

— Sono forse io il custode di mio fratello?

Dio disse a Caino:

— Ecco,  la voce del sangue di tuo fratello grida verso di me.

Tu hai peccato con la tua bocca.

(La tua colpa) si volgerà contro di te.

Chiunque ucciderà Caino, scatenerà una settupla vendetta;

e tu sospirerai e tremerai sulla terra

Adamo conobbe la sua co-immagine Eva;

lei rimase incinta;

egli generò, per Adamo Seth.

Lei disse:

— Ho generato un altro uomo da Dio, al posto di Abele

 

Norea, il diluvio, gli arconti

Eva divenne nuovamente incinta;

generò Norea, e disse:

— Egli generò per me una vergine come aiuto per generazioni e generazioni di uomini.

—  Questa è la vergine che nessuna forza ha contaminato.

 

Allora gli uomini iniziarono a moltiplicarsi e a diventare migliori

Gli arconti tennero consiglio tra loro, dissero:

—  Su, con le nostre mani facciamo venire un diluvio, e annientiamo  ogni carne, dall’uomo alla bestia

Ma allorché l’arconte delle forze conobbe il loro piano, disse a Noè:

Fatti un’arca di legno che non marcisce, e nascondi in essa te e i tuoi figli, con le bestie e gli uccelli del cielo, piccoli e grandi

ponila in cima al monte Sir.

Allora Orea andò da lui, volendo salire nell’arca;

ed egli non glielo permise.

Lei soffiò sull’arca;

la incendiò.

Egli rifece l’arca una seconda volta.

Gli arconti le andarono incontro allo scopo di ingannarla;

il più grande di essi, le disse:

— Tua madre, Eva, venne da noi.

Ma Norea si voltò e disse loro:

— Voi siete gli arconti delle tenebre.

Voi siete maledetti.

Voi non avete conosciuto mia madre, ma avete conosciuto la vostra co-immagine (femminile).

Io, infatti, non provengo da  voi, ma  sono venuta  dall’alto  -.

L’arrogante  arconte ritornò con tutta la sua forza:

il suo volto divenne nero come una pentola.

Fu audace verso di lei.

Le disse:

— Tu devi essere nostra schiava come lo fu tua madre, Eva… Poiché mi fu dato…

Norea ed Eleleth

Ma Norea ricorse alla forza dello spirito;

gridò a gran voce e disse al santo, al Dio di tutto:

Aiutami contro gli arconti dell’ingiustizia, e liberami subito dalle loro mani.

— Il grande angelo discese dal cielo;

le disse:

Perché gridi verso Dio?

Perché osi rivolgerti allo Spirito santo?

 

Norea  disse:

Chi  sei  tu?

Gli  arconti  dell’ingiustizia   si  erano allontanati da lei.

Egli rispose:

— Io sono Eleleth, la saggezza, il grande angelo, colui che sta davanti allo Spirito santo.

Sono stato inviato a parlarti e a liberarti dalle mani di questi iniqui;

e ti istruirò sulla tua radice.

 

Mai potrò descrivere la forza di quell’angelo.

La sua immagine era come l’oro scelto, il suo abito come la neve.

La mia bocca, infatti, non sopporterà mai ch’io  parli della sua forza e dell’immagine  del suo volto.

 

Eleleth, il grande angelo, mi disse:

Io, disse, sono l’intelligenza.

Io sono uno dei quattro  luminari che stanno davanti al grande spirito invisibile.

Tu pensi che questi arconti abbiano potere su di te?

Nessuno di loro potrà mai prevalere contro la radice della verità;

è per essa, infatti, che egli si è manifestato negli ultimi tempi, e dominerà su di queste potenze;

queste potenze non potranno mai contaminare te e quella generazione, poiché la vostra dimora è nell’Immortalità, il luogo nel quale si trova il virgineo spirito, il quale è al di sopra delle potenze del caos e del loro mondo.

 

ORIGINE DEGLI ARCONTI — SALVEZZA E DISTRUZIONE:

 Sofia e il suo aborto

Ma io dissi:

«Signore, istruiscimi sulla forza di queste potenze.

Come vennero all’esistenza?

Da quale natura e da quale materia?

Chi ha fatto esse e le loro forze?».

Il grande angelo Eleleth, l’intelligenza, mi disse:

«In alto, negli eòni infiniti, c’è  l’Immortalità.

Sofia, chiamata Pistis, volle creare un’opera da sola, senza il suo compagno.

La sua opera fu un simulacro (del mondo) celeste.

 

Tra coloro che sono in alto e gli eòni che sono in basso, c’è un sipario.

Al di sotto del sipario si produsse un’ombra;

e quest’ombra divenne materia.

Quest’ombra fu gettata da parte;

e ciò che lei aveva fatto divenne un’opera nella materia, come un aborto;

ricevette forma dall’ombra, e divenne una bestia arrogante dalle sembianze di leone, ed era bisessuato.

Come ho già detto, perché era derivato dalla materia.

 

La bestemmia

Aprì i suoi occhi;

vide una materia grande senza fine;

divenne arrogante, e disse:

— Io sono dio, e non ve n’è altri al-l’infuori di me.

— Quando disse questo, peccò contro il tutto.

Ma dall’alto, dall’autorità assoluta, venne una voce, che disse:

«Tu sbagli, Samael!

» cioè:

«dio dei ciechi».

 

Egli proseguì:

— Se prima di me c’è qualcos’altro, si manifesti a me !

 

—  E, subito, Sofia puntò il suo dito:

fece penetrare la luce nella materia;

lei (stessa) la inseguì giù nelle regioni del caos;

poi si ritirò di nuovo su alla sua luce… le tenebre… la materia.

 

L’arconte,  essendo  bisessuato, si  fece  un  grande  eòne,  una grandezza illimitata.

Pensò di farsi dei figli:

si fece sette figli, bisessuati come il loro padre.

Disse ai suoi figli:

— Io sono il Dio del tutto.

 

Ma Zoe, figlia di Pistis Sofia, gridò;

ella gli disse:

— Tu sbagli, Saklas!

—  nome corrispondente a Jaldabaoth.

Lei soffiò sul suo viso;

il di lei soffio divenne, per  lei, un  angelo  di  fuoco.

Quest’angelo  legò Jaldabaoth;

lo precipitò nel Tartaro, in fondo all’abisso.

 

Sabaoth

Ora, allorché suo figlio, Sabaoth, vide la forza di quell’angelo, si pentì:

condannò il proprio padre e la propria madre la materia;

la detestò;

innalzò, invece, lodi a Sofia e a sua figlia Zoe.

Sofia e Zoe lo trassero su, lo installarono nel settimo cielo, al di sotto del sipario, tra ciò che è al di sopra e ciò che è al di sotto.

Esse lo denominarono:

«dio delle forze, Sabaoth», poi ché egli è al di sopra delle forze del caos;

avendolo ivi installato Sofia.

 

Avvenuto questo, egli si fece un grande carro di Cherubini a Quattro facce, e innumerevoli angeli  affinché lo servano, e anche arpe e cetre.

 

Sofia prese sua figlia Zoe, la fece sedere alla sua destra per istruirlo su tutto ciò che si trova nell’ogdoade.

L’angelo dell’ira ella lo pose alla sua sinistra.

 

Da quel giorno la sua destra è detta Zoe, e la sinistra è divenuta il tipo dell’ingiustizia del despotismo di ciò che è sopra, esso venne all’esistenza prima di te.

 

L’invidia di Jaldabaoth

Ma allorché Jaldabaoth lo vide in questa grande gloria ed esaltazione, ne ebbe invidia;

e l’invidia divenne un’opera bisessuata:

questa fu l’origine dell’invidia.

E l’invidia generò la morte;

la morte generò i propri figli, e installò ognuno di loro nel suo cielo;

tutti i cieli del caos furono riempiti dalle loro moltitudini.

 

Ora, tutto ciò avvenne in conformità al volere del Padre del tutto, in conformità del tipo di tutti coloro che sono al di sopra, affinché il numero del caos fosse completo.

 

Salvezza per la discendenza di Norea distruzione per gli altri 

Ecco, ti ho istruita sul (proto) tipo degli arconti, e sulla materia dalla quale fu generato, sul loro padre e sul loro mondo.

 

Ma io dissi:

«Signore, anch’io appartengo alla loro materia?».

 

(Egli mi rispose):

— Tu e i tuoi figli provenite dal Padre, che è fin dal principio:

le vostre anime vengono dall’alto, dalla luce immortale;

perciò le potenze non potranno avvicinarle a motivo dello spirito di verità dimorante in esse.

Tutti coloro che hanno conosciuto questa via sono, infatti  immortali  in  mezzo a  uomini  che  muoiono.

Tuttavia questa stirpe non si manifesterà adesso, ma si manifesterà dopo tre generazioni, e respingerà lungi da essa il vincolo dell’errore delle potenze.

Ma io domandai:

— Signore, per quanto tempo?

— Egli mi rispose:

—   Fino  a  quando,  sotto  forma  di  una  creatura  l’uomo  vero manifesterà l’esistenza dello spirito di verità inviato dal Padre.

Egli, allora, li istruirà su ogni cosa, li ungerà con l’unzione della vita eterna, che gli fu data dalla generazione che non ha alcun re.

Essi allora, saranno liberati da ogni loro pensiero cieco, con i loro piedi calpesteranno la morte delle potenze, e saliranno alla luce infinita ove si trova questa stirpe.

 

Le potenze, allora, abbandoneranno i loro tempi;

i loro angeli piangeranno sulla loro distruzione;

e i loro demoni si lamenteranno sulla loro morte.

 

Allora, tutti i figli della luce conosceranno veramente la verità e la loro radice, il Padre del tutto e lo Spirito santo;

diranno tutti, a una sola voce:

“Giusta è la verità del Padre, e il Figlio è al di sopra del tutto:

e da ognuno, fino alle eternità delle eternità (si dirà):

Santo!

santo!

santo!

Amen”!