LA MELA - ERRATA TRAD. BIBLICA
Nell'immaginario collettivo, il frutto che ha causato la cacciata di Adamo ed Eva dal Giardino dell'Eden è, senza ombra di dubbio, una mela.
Eppure, questa immagine così radicata nella nostra cultura, riprodotta in innumerevoli opere d'arte e citata in ogni ambito, si basa su un'interpretazione errata e su una tradizione secolare che ha poco a che fare con il testo biblico originale. Un'analisi più attenta delle Scritture e della storia svela una realtà ben più complessa e affascinante.
Contrariamente a quanto si crede, la Bibbia non menziona mai esplicitamente una mela.
Il libro della Genesi parla in termini generici del "frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male". La parola ebraica originale utilizzata nel testo è "peri", un termine che indica semplicemente "frutto" in senso lato, senza specificarne la tipologia.
Potrebbe quindi trattarsi di un fico, di un dattero, di un melograno o di qualsiasi altro frutto che potesse crescere nel lussureggiante giardino descritto nelle Sacre Scritture.
La domanda, quindi, sorge spontanea: da dove nasce l'associazione con la mela?
La "colpa" sarebbe da attribuire principalmente a un'intrigante ambiguità linguistica nata con la traduzione della Bibbia in latino.
San Girolamo, nel IV secolo d.C., curando la Vulgata, la versione latina del testo sacro che divenne il punto di riferimento per la cristianità occidentale per oltre un millennio, si trovò di fronte a un bivio interpretativo.
Per tradurre il concetto di "male" scelse il termine latino "mālum".
Casualmente, o forse per un'associazione di idee, la parola usata per indicare il "melo" o il suo frutto è molto simile: "mālus" (l'albero) e "mālum" (il pomo).
Questo gioco di parole, "mālum" (il male) e "mālum" (la mela), si rivelò un assist perfetto per creare un'associazione simbolica potente e immediata.
Questa connessione fu poi cementata e diffusa in modo capillare attraverso l'arte.
A partire dal tardo Medioevo e poi con prepotenza durante il Rinascimento, pittori e scultori iniziarono a rappresentare la scena della tentazione con una mela tra le mani di Eva. Artisti del calibro di Albrecht Dürer, Tiziano e Lucas Cranach il Vecchio hanno contribuito a fissare questa immagine nell'iconografia cristiana, rendendola universalmente riconoscibile.
La mela, con la sua forma rotonda e il colore rosso spesso associato alla passione e al peccato, si prestava perfettamente a simboleggiare l'atto di disobbedienza.
A questo si aggiunse l'influenza letteraria, come quella del poeta inglese John Milton che nel suo capolavoro "Paradiso perduto" del 1667 descrive il frutto proibito proprio come una mela, consolidando ulteriormente il mito nella cultura popolare.