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Ai margini bui e freddi del Sistema solare si nasconderebbe un pianeta, diverso dal noto Pianeta  nove o X

I ricercatori hanno trovato nuovi indizi sulla possibile presenza di un pianeta ignoto ai margini freddi e remoti del Sistema solare. Non stiamo parlando del ben noto Pianeta 9 o Pianeta X, un presunto corpo celeste dalle dimensioni comprese tra quelle della Terra e quelle di Urano che orbiterebbe a oltre 400 UA (unità astronomiche) dal Sole, ma di un oggetto più piccolo soprannominato dagli scienziati “Pianeta Y”, che si troverebbe tra 100 e 200 UA dalla stella.

Ricordiamo che una unità astronomica è pari a circa 150 milioni di chilometri, ovvero la distanza che separa il nostro pianeta dal Sole. Ciò significa che sia il pianeta X che quello Y, qualora esistessero davvero, si troverebbero negli angoli più bui e gelidi del nostro quartiere galattico. Per fare un confronto, Urano e Nettuno, gli ultimi due pianeti del Sistema solare, si trovano rispettivamente a circa 20 e 30 unità astronomiche, quindi sarebbero decisamente più distanti.

Proprio a causa dell'estrema distanza, fino ad oggi, i due oggetti sarebbero stati “inafferrabili”; la loro presunta esistenza, infatti, è stata determinata solo grazie alle anomalie gravitazionali osservate in particolari corpi celesti chiamati oggetti transnettuniani (TNO), presenti nella distante fascia di Kuiper. Questo “brancolare nel buio”, tuttavia, potrebbe presto cambiare con la recente messa in funzione del potentissimo Osservatorio Vera C. Rubin, che potrebbe rilevare direttamente questi pianeti o comunque chiarire le dinamiche delle alterazioni gravitazionali nei TNO.

A ipotizzare la presenza di un potenziale Pianeta Y tra 100 e 200 unità astronomiche dal Sole sono stati i tre scienziati Amir Siraj, Christopher F. Chyba e Scott Tremaine della prestigiosa Università di Princeton (Stati Uniti), rispettivamente del Dipartimento di Scienze astrofisiche, della Facoltà di Affari Pubblici e Internazionali e della Facoltà di Scienze Naturali – Istituto per gli studi avanzati. Gli studiosi sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto indagini non dissimili da quelle che hanno portato molti colleghi a ipotizzare la presenza di pianeti ignoti ai margini del Sistema solare: lo studio delle orbite degli oggetti transnettuiani.

Nello specifico, si sono concentrati sull'analisi delle orbite dei TNO che orbitano tra 50 e 400 unità astronomiche. Ebbene, dalle indagini è emerso che non sussistono curvature anomale in quelli presenti tra 50 e 80 unità astronomiche dal Sole, mentre tra 80 e 200 e tra 80 e 400 sono presenti deformazioni del piano orbitale che sarebbero possibili per pura casualità soltanto con una ridotta probabilità, pari ad appena il 2 e 4 percento. Il modo migliore per spiegare queste anomalie è l'influenza gravitazionale di un corpo celeste con massa compresa tra quella di Mercurio e della Terra, che orbita in una regione tra 100 e 200 unità astronomiche dal Sole. Sarebbe il sopracitato Pianeta Y e non il Pianeta Nove o X, che orbiterebbe molto più lontano e che avrebbe dimensioni più simili a quelle di Urano e Nettuno.

Chiaramente si tratta solo di probabilità matematiche, ma grazie al Legacy Survey of Space and Time (LSST) del nuovo Osservatorio Vera C. Rubin, i ricercatori potrebbero essere in grado di rilevare la presenza di questi pianeti remoti o comunque di spiegare come mai gli oggetti transnettuniani presentano queste peculiari anomalie gravitazionali. Non resta che attendere le future osservazioni del potente telescopio e far luce su una delle potenziali scoperte più affascinanti dell'astronomia moderna.

Ricordiamo che attualmente il Sistema solare ha otto pianeti (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno in ordine di distanza dal Sole), dopo il declassamento nel 2006 di Plutone da pianeta a pianeta nano (uno è stato scoperto proprio recentemente). L'identificazione di uno o addirittura due nuovi pianeti ai margini del nostro sistema sarebbe dunque una scoperta di notevolissimo rilievo. I dettagli della nuova ricerca “Measuring the Mean Plane of the Distant Kuiper Belt” sono stati caricati su ArXiv e sono già stati accettati per la pubblicazione su una rivista scientifica.