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Lucio Anneo SENECA

ALZHEIMR CHE COS'E'?


L'ALZHEIMER !
La ricerca di una migliore salute fisica non esclude quella spirituale e viceversa.
Consigli utili per chi già ce l'ha e maggiormente per chi non ce l'ha. 

Cos’è l’Alzheimer: i sintomi più frequenti.
Dalla memoria che vacilla alla perdita dell'autonomia.


Alzheimer, la frequenza della respirazione a riposo più alta in chi ha la malattia

La scoperta del nuovo gene coinvolto nella malattia di Alzheimer e il ruolo del glutammato nello sviluppo della malattia – avvenuta grazie a uno studio pluriennale di un gruppo di neuroscienziati italiani, coordinati dall’ospedale ‘Molinette’ di Torino – ha aperto importanti prospettive sia sui meccanismi della temuta patologia, sia sui target terapeutici.

La malattia di Alzheimer, è bene ricordarlo, è la causa principale di gravi deficit cognitivi ed è divenuta, soprattutto nell’ultimo decennio, uno dei maggiori problemi sanitari a livello mondiale, in quanto implica anche una forte necessità di sostegno a familiari e caregiver dei pazienti.

Nel nostro Paese, un over-50 su cinque presenta sintomi compatibili con l’Alzheimer ma, secondo le stime, solo 2 pazienti su dieci ricevono una diagnosi precoce.

Quest’ultima può essere cruciale per ritardare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita di pazienti e caregiver. Vediamo, dunque, quali sono le caratteristiche più importanti e quali possono essere i campanelli d’allarme di una condizione degenerativa che, purtroppo, resta ancora, per molti versi, sconosciuta.
  
Cos’è dunque l’Alzheimer?
La malattia di Alzheimer (in inglese, Alzheimer’s disease) è una patologia neurodegenerativa a decorso cronico e progressivo. È la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi sviluppati.

Prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che, all’inizio del 1900, ne individuò per primo i sintomi e descrisse i cambiamenti cerebrali associati.

È caratterizzata da un processo degenerativo progressivo che distrugge le cellule del cervello e provoca un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento e linguaggio), fino a compromettere definitivamente l’autonomia e la capacità di compiere le normali attività giornaliere.

Quali sono le cause?
La causa scatenante dell’Alzheimer sembrerebbe legata all’alterazione del metabolismo di una proteina, la proteina precursore della beta amiloide (detta App).

Per ragioni ancora non note, a un certo punto, nella vita di alcune persone, questa proteina inizia a essere metabolizzata in modo alterato, portando alla formazione di una sostanza neurotossica – la beta amiloide – che si accumula lentamente nel cervello, danneggiando le connessioni tra i neuroni e portando alla loro morte progressiva.

Meno del 5% dei casi di Alzheimer è causato dalla presenza di un gene alterato, che ne determina la trasmissione da una generazione all’altra di una stessa famiglia.

Le forme familiari di Alzheimer hanno insorgenza più precoce, anche prima dei 40 anni, e sono legate alla presenza di varianti nei geni della presenilina 1 (Ps1) sul cromosoma 14, della presenilina 2 (PS2) sul cromosoma 1 o, ancora, della proteina precursore della beta amiloide (APP) sul cromosoma 21.

In tutti questi casi, la trasmissione ha carattere autosomico dominante. Il restante 95% dei casi si manifesta in persone che non hanno alcuna predisposizione genetica, né una chiara familiarità con la patologia.

Come si manifesta: i sintomi della malattia
I sintomi della malattia di Alzheimer possono variare da soggetto a soggetto.

Il sintomo più precoce a cui bisogna prestare attenzione è, solitamente, la perdita di memoria (dapprima in forma leggera e poco rilevabile, poi via via più marcata e grave).

Alla perdita di memoria si associano, solitamente, altri disturbi. I ricercatori suddividono le manifestazioni principali in fasi: fase iniziale (con sintomi lievi), intermedia (con sintomi moderati) e avanzata (con sintomi gravi).
La fase iniziale è caratterizzata dalla perdita di memoria a breve termine, ovvero da una difficoltà a ricordare eventi recenti o informazioni appena apprese; da confusione temporale e spaziale (disorientamento su date, luoghi, giorni della settimana, ore della giornata), da una difficoltà nel trovare le parole giuste o ricordare i nomi delle persone, da disturbi del sonno e, infine, da cambiamenti di umore (irritabilità, ansia o lieve depressione).

In questa fase, i sintomi possono essere attribuiti all'invecchiamento normale, rendendo difficile una diagnosi precoce.

Nella fase intermedia, i sintomi sono moderati e contemplano principalmente il peggioramento della memoria, ravvisabile nella difficoltà a ricordare eventi importanti della propria vita o informazioni personali, come il proprio indirizzo.

Possono insorgere, inoltre, difficoltà linguistiche (parole sbagliate o frasi incomplete), compromissione delle abilità pratiche (problemi nel gestire il denaro, cucinare ricette semplici o utilizzare elettrodomestici), disorientamento grave (perdersi in ambienti familiari o confondere i propri cari), comportamenti ripetitivi (ripetere frasi o domande) e cambiamenti emotivi e comportamentali (agitazione, sospettosità, isolamento sociale, delirio e allucinazioni o comportamento aggressivo).

In fase avanzata, i sintomi sono gravi e vanno da una perdita completa dell’autonomia (i pazienti diventano incapaci di svolgere anche le attività più semplici, come vestirsi, lavarsi o mangiare) all’incapacità di comunicare, perché si perde la capacità di parlare in modo coerente.

Il paziente appare apatico, assente e non risponde più agli stimoli esterni (il cosiddetto ‘ritiro dal mondo esterno’) e presenta, a livello fisico, difficoltà motorie crescenti (incapacità di camminare, deglutizione compromessa e perdita del controllo degli sfinteri).

La prevenzione è possibile?
Al giorno d’oggi non esiste ancora una vera ed efficace prevenzione nei confronti dello sviluppo della malattia di Alzheimer.

La ricerca scientifica ha finora dimostrato che la patologia è il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e numerosi fattori ambientali, tra cui ipertensione, obesità, diabete, depressione e isolamento sociale, che favoriscono la deposizione nel cervello di quelle proteine tossiche riconducibili alla neurodegenerazione.

Diversi studi suggeriscono che il rischio della malattia possa essere ridotto diminuendo l’esposizione a malattie cardiache, sovrappeso e diabete, ovvero a tutte quelle condizioni che influiscono negativamente sul benessere cardiovascolare.

Una dieta equilibrata, unita ad attività fisica costante, magari svolta in compagnia, e a un’appropriata stimolazione cognitiva (letture, risoluzione di quiz ed enigmi, apprendimento di nuove attività) sono considerate strategie a favore del benessere cerebrale e cognitivo.

ALIMENTAZIONE 
(consigli utili per tutti)
Alcuni frutti e ortaggi contengono "polifenoli". (vai alla voce "Polifenoli"della locandina).

Queste molecole, sono presenti anche nel caffè, agiscono ulle cellule cerebrali per ridurre l'infiammazione, diminuire la mortalità dei neuroni e mantenere bilanciati i livelli di acetilcolina.
L'acetilcolina è una sostanza chimica che funge da neurotrasmettitore e che viene rilasciata dalle cellule nervose per inviare segnali allle altre cellule.
Un recentissimo studio ha evidenziato il ruolo svolto dalla QUERCITINA, ( vai alla voce "Quercitina"della locandina) uno dei componenti del caffè, quale neuroprotettore nei confronti dell'alzheimer che nel morbo di Parkison.
 Si consiglia un consumo moderato di 3-5 tazzine al giorno. 

Una vasta letteratura scientifica riporta i numerosi benefici derivanti dall'uso del caffè; Concentrazione, Memoria, riduzione del rischio di malattie neurodegnerative ( morbo di Alzheime e Parkison) e una forte azione preventiva contro il diabete 2 e di alcune malattie del fegato tra cui la cirrosi, steatosi ed epatite.

 L'Alzheimer può essere abbassato e con esso la perdita di memoria , cateratta, acne e arrossamento della cute, osteoartrite, problemi circolari, emicrania, vertigini e disturbi dell'apprendimento come ad esempio l'ADHD ( IL DEFICIT DELL'ATTENZIONE) con la somministrazione di NIACINA o Vit. B3.( vai alla voce " Vit.B3 o Niacina della locandina)
 oltre al caffè l'alzheimer può essere contrastato, con l'uso della cipolla, l'Alga Clorella, l'Alga Spirulina, Melissa, Vit.B3, cibi antiossidanti, aglio, asparagi. 

L'Alga Chlorella può aiutare l'Alzheimer? 

Dalle ricerche risulta che l'ingestione di Chlorella ha migliorato lo stato antiossidante degli eritrociti e abbassato lo stato di ossidazione. Queste riduzioni contribuirebbero a mantenere la normale funzione degli eritrociti e ad aiutare nella prevenzione dello sviluppo della demenza senile. 
https://www.mmgreencare.com


Da ultimo "L'ASTROCITA"
Un aiutante dei neuroni.
 
    Una ricerca rivoluzionaria pubblicata sulla rivista Nature sta cambiando la nostra visione della memoria. Il merito va a una cellula che, fino a poco tempo fa, era considerata solo un “aiutante” dei neuroni e niente più: l’astrocita.

Gli scienziati ora affermano che gli astrociti non sono affatto semplici cellule di supporto, ma giocano un ruolo attivo e cruciale nel trasformare un’esperienza passeggera in un ricordo che resiste alla prova del tempo. Questa scoperta apre una strada completamente nuova per affrontare malattie come il morbo di Alzheimer o il disturbo da stress post-traumatico.

    Caratteristiche degli astrociti, proprietà anatomiche e funzioni | Thpanorama - Diventa meglio oggi