VERITAS NUMQUAM PERIT - La Verità non muore mai!!!
Lucio Anneo SENECA

FORCHE CAUDINE - Breve Storia

Le forche caudine

 
21. set, 2014
 
18. apr, 2014
 
8. apr, 2012
 
8. apr, 2012

Forchia.

 

Comune Campano della provincia di Benevento.

 Sindaco Margherita Giordano

dal 14 giugno 2004.

 

Territorio:

 

Altitudine 282 m s.l.m.,

superficie 5 km quadrati, abitanti 1.226 ( 31 dic.2010 )

Cod. postale 82011,prefisso 0823,

Nome abitanti " forchianti", patrono S. Nicola di Mira,

festa cittadina 6 dicembre.

Storia :

 

Forchia sembra avere origini antecedenti all'impero Romano.

Il suo nome deriverebbe dal latino forculae

che sta per forche,

a richiamare la famosa Battaglia delle Forche Caudine

quando nel 321 a. C.

i sanniti guidati da Caio Telesino

sconfissero due legioni romane e le costrinsero a subire

l'umiliazione del passaggio sotto il giogo.

 Alcuni ritrovamenti archeologici

( le rovine di un antico monastero di Forchia chiamato Santa

Maria del Giogo ) indicherebbe il luogo

dove avvenne l'episodio.

 

 

 

( guerriero sannita )

 

Il luogo esatto.

Sebbene ancora oggi il luogo esatto dove avvennero i fatti del

321 a.C. rimanga vago, Arpaia rimane il sito con maggiori

sostenitori.

Vale la pena, però, di prendere in seria considerazione la tesi

di Simone Porcaro nel suo

"I sanniti ed il samnium"

(A.G.M. oct. 2004, Ceppaloni BN)dove con dovizia di particolari

sostiene che tra i territori degli antichi Caudini ed Irpini non c'è

luogo più adatto che quello dello stretto di Balba (oggi Barba)

dove potrebbero essersi svolti i fatti, lungo la SS 88 che collega

Benevento ad Avellino.

Egli sostiene che il termine imboscata debba necessariamente

essere usato per un'azione di guerra o guerriglia portata in un

luogo chiuso, con varco angusto in entrata e possibilmente in

uscita, senza scampo di sorta.

Lo stretto di Balba si presenta proprio in questo modo: un

ingresso, dal lato Benevento, ancora oggi largo pochi metri,

una lunghezza di circa due chilometri con pareti alte e

scoscese per tutto il tratto ed un'uscita al lato di Avellino

anch'essa stretta, insomma

una vera e propria trappola come la descrive Tito Livio.

La topografia del territorio in questione ha anche subito pochi

o nulli cambiamenti in circa due millenni, visto che i resti

dell'antico acquedotto Sannitico che seguono il corso del sabato

e la SS 88 rimangono ancora ben visibili ed alti dal livello della

strada solo un paio di metri.

Ma perché i romani dovevano passare proprio per questo luogo?

È semplice: dovendo percorrere la via più breve da Capua a

Lucera (la Luceriam Irpina) e dovendo evitare il Taburno

passarono per Saticola (Sant'agata de' Goti), Castro

Casinatium(Montesarchio), Monte tiglio (Beltiglio) ed infine lo

stretto di Balba.

Ancora oggi da quelle parti vi sono delle locuzioni che

ricordano un'antichissima memoria: "nessuno ti vuole mettere

la forca"; o ancora: "non posso andare alla forca". Il toponimo

stesso Balba potrebbe derivare dalla successiva centuriazione

romana a favore dei Balbus a cui furono date quelle terre

ricche di boschi e di acque.

A scapito di Arpaia e zone limitrofe i fatti: non ci sono tracce di

luoghi validi per un'imboscata, erano all'epoca territori

acquitrinosi e pare che ci fossero addirittura dei laghi,

Arpaia e Forchia

specialmente, hanno origini più recenti.

 

xxxxxx

 

L'avvenimento è ricordato anche da Nicolò Macchiavelli:

 

 "Era, come di sopra si è detto, il Consolo e

 

lo esercito romano assediato da Sanniti,

 

i quali avendo posto ai Romani

 

condizioni

 

igniominiosissime

 

( come era volergli mettere sotto il giogo, e

 

disarmati rimandargli a Roma ),

 

e per questo stando i Consoli come attoniti,

 

e tutto lo esercito

 

disperato...

 

( Nicolò Macchiavelli )

 

Quali furono le reazioni di Roma ?

 

L'esercito romano si diresse verso l'alleata Capua senza osare entrare in città.

I Capuani uscirono per portare soccorso in cibo, vestiti, armi e

perfino i simboli del potere per i consoli.

Ma i romani sembravano abulici e concentrati nel dolore e

nella vergogna.

 A Roma, alla notizia del disastro, si abbandonò l'idea di una

nuova leva e si ebbero spontanee manifestazioni di lutto:

furono chiuse botteghe e sospese le attività del Foro.

I senatori tolsero il laticlavio e gli anelli d'oro.

Addirittura ci furono proposte di non accogliere gli

sconfitti in città.

 

 Questo non accadde ma i soldati, gli ufficiali e i consoli si

chiusero in casa.

Tanto che il Senato dovette nominare un dittatore per

l'esercizio delle attività politiche.

 Ma il popolo non accettò le magistrature e si dovette

eleggere due interreges : Quinto Fabio Massimo e Marco Valerio Corvo.

Questi proclamò consoli Quinto Pubblilio Filone e Lucio  Papirio

Cursore ,

i migliori comandanti militari dispibili.on